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Al nos dialét Le poesie in dialetto Valtellinese |
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11-04-06, 15:02 | #1 |
Utente
Data Registrazione: 27-02-05
Messaggi: 288
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Memoria storica anni 40
La Pasqua di ieri e di oggi (in onda a Radio Più venerdì,14.) La Pasqua porta sempre con se un senso di rinascita, di risveglio. La stagione stessa da una spinta, non solo all’uomo ma a tutta la natura. Basta guardarsi attorno come tutto cambia abito, dagli alberi al prato dove tutto pareva morto e invece pian piano rinverdisce. Ancora, in comune con la Pasqua di ieri (che situiamo negli anni 40, ossia nei miei ricordi) è quanto rappresenta, ossia la risurrezione del Cristo, che è pur sempre la celebrazione di uno dei fatti principali della nostra religione e il suo fascino si diffonde comunque. Ma certo siamo ben lontani da che cosa era la Pasqua nei nostri paesi negli anni 40 rispetto a come è vissuta ai nostri giorni, con pochi cenni liturgici e la Domenica di Pasqua poco si differenzia da una domenica qualunque. Tuffiamoci quindi entra l’atmosfera della Pasqua di un tempo nei nostri paesi. Personalmente non ho che da far capo ai miei ricordi, nel mio paese, l’Aprica che certo non differenzia tanto, in fatto di usi e costumi da quelli delle zone limitrofe. Allora, pur arrivando entro il corollario di splendore primaverile, come ai nostri giorni, la Pasqua arrivava come finale di tutta una preparazione che non si limitava solo al lato spirituale, pur sempre di maggior importanza, ma anche a quello materiale con una serie di piccoli ma efficaci accorgimenti. Spiritualmente, anche se oggi si insiste a sottovalutare il fatto dicendo che si faceva tutto per abitudine e dietro un obbligo, si veniva comunque incanalati entro una certa atmosfera creata da riti tradizionali. Incominciava con il giorno delle ceneri che ricordava d’essere in polvere e in polvere destinati a tornare. La quaresima poi esigeva giorni di digiuno e astinenza che in sé, come l’astensione dalle carni, non aveva ragione di esserci, in quanto, sulla tavola della gente comune non c’era mai, all’infuori dei prodotti del proprio maiale, ma era pur sempre un richiamo alla mortificazione; c’era la via crucis ogni venerdì sera, cui tutti partecipavano e cantavano (quello che non si fa oggi). Il giorno delle palme già anticipava la gioia della Pasqua, ma c’era ancora la settimana Santa che allora era ricca di manifestazioni. Già al mercoledì i ragazzi animavano la funzione battendo i piedi sui banchi per ricordare l’arrivo dei legionari a prendere il Nazareno nel Getzemini. Il giovedì santo, giorno dell’Eucaristia aveva pure le sue toccanti funzioni liturgiche e il colmo sensazionale era il Venerdì santo che terminava con la processione con il Cristo morto, per le contrade addobbate;, processione caratteristica anche per la partecipazione delle confraternite, con le loro divise, che oggi non ci sono più. Il sabato santo incominciava di prima mattino con la benedizione del fuoco, fuori dalla chiesa e via, via con la lunga e ricca liturgia che si protraeva fino nella tarda mattinata, con il maestoso suono delle campane al Gloria della Messa solenne. La liturgia quindi, pian piano portava la persona lungo questa via di purificazione che terminava con la confessione, cui partecipavano anche quelli che si limitavano al precetto pasquale, ossia “confessarsi almeno a Pasqua”. Precetto che veniva testimoniato con la distribuzione dell’immaginetta alla Comunione del giorno di Pasqua. Contemporaneamente a questa purificazione dello spirito c’era quello della casa, del paese. Ognuno puliva scrupolosamente il suo spazio dentro e fuori casa e anche l’ambiente diveniva partecipe di quel senso di rinnovamento generale e così la Pasqua arrivava in quella indescrivibile e memorabile atmosfera, non solo di memoria per la Resurrezione del Cristo, ma anche di rinascita di ogni individuo e del paese stesso. Gioia generale che pur nella povertà dei tempi si concretizzava con un pranzo, modesto, ma celebrato con tutta la famiglia. Gioia e solennità che proseguiva nel pomeriggio nell’attesa (animosamente vissuta dai bambini) del parroco per la benedizione della casa, accompagnato da un chierichetto e dal sacrista che raccoglieva le tre tradizionali uova date in omaggio. Piccola ma preziosa ricompensa, per quei tempi di cui due parti andavano al Parroco e una al sagrista. E per tornare ai nostri giorni, i nostri vecchi, un tempo, per definire il massimo della felicità della persona, usavano dire: <l’e cuntet cuma ina pasqua>. Questo è il mio augurio di” buona Pasqua nella felicità” ©Luisa Moraschinelli Poesia: Pace sugli uomini di “cattiva volontà” Pasqua e pace, un binomio che ben insieme si fonde, e quanto attuale, anche ai giorni nostri. “Pace sugli uomini di buona volontà” per secoli abbiamo implorato, ma non sarebbe il caso, a questo punto, d’invocar pace sugli “uomini di cattiva volontà”? L’uomo comune, il lavoratore, il padre, la madre di famiglia, impegnati nel viver d’ogni giorno, l’hanno la pace o comunque la vogliono. Non sono loro a provocare e volere la guerra, se mai ne sono le vittime. Sono in pochi a decidere, per la sete di potere, di egoismo, di odio. Quelli che dovrebbero essere condottieri, guida, il più delle volte ne sono la causa diretta di disordini e della morte di tante vite umane. Su questi invochiamo la pace: per quelli che fanno della terra un campo minato, per chi parla di trattati di pace aumentando gli arsenali, per coloro che persino in nome del Cielo, mandano uomini al macello. Per questi, anche in questa Pasqua, chiediamo la pace del cuore, quella che fa vedere in ogni uomo di qualsiasi colore,razza e nazione, non un nemico ma un fratello da “ lasciar vivere in pace” ©Luisa Moraschinelli |
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