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I Grigioni in Valtellina

Drang nach Süden chiamano nel mondo germanico l'innato impulso verso il sud, quel naturale istinto verso la luce, il calore latino e mediterraneo e le terre a meridione della catena alpina. 
Lo attestano nel continuum della storia i comportamenti di potenti, conquistatori, poeti, letterati, viaggiatori e turisti. Due esempi del passato valgono per tutti: il famoso Federico II imperatore del S.R.I.G. che stabilì la sua corte a Palermo e il sommo Goethe, il poeta e letterato che nel 1786, sceso dal Brennero, si spinse in un viaggio per lui indimenticabile fino al paese "dove fioriscono i limoni" - la Sicilia - per poi tornare al nord dallo Spluga: un viaggio descritto nel celebre suo libroItalienische Reise. In questo caso, la storia e la tradizione di cultura d'Italia, oltre al paesaggio, giocarono un ruolo importante nell'attrazione verso il sud.  
Potremmo citare gli svizzeri Lehmann (1797) e Leonhardi (1860) ai quali la Valtellina, vista come paese del sud, apparve una terra promessa: “Guardai nell’Eden dal colle del castello di Teglio” esclama nella sua cronaca di viaggio il Lehmann. Negli scritti e nelle espressioni verbali dei Grigioni, la parola ricorrente nel riferimento alla Valtellina è tuttora Verlust, cioè "perdita", parola che si connota di nostalgiche sfumature, proprie di un bene irrimediabilmente perduto.

Ma veniamo alla storia. 
La calata dei Grigioni nelle valli subalpine non fu fatto isolato o improvviso, ebbe le radici nell'atavico impulso verso sud e fu determinata da motivi di ordine demografico, economico e politico. Le splendide vallate retiche, oggi frequentatissimo luogo di vacanze, di sport invernali e di turismo, nel passato, al di là della bellezza paesaggistica, al sostentamento e all'economia dei residenti non offrivano che boschi, prati e pascoli. Unica vera risorsa era l'allevamento di bovini, cavalli, pecore e capre. Mancavano granaglie e vino.
Fin dal XII, secolo il vescovo di Coira, signore feudale della Rezia per volontà imperiale, ebbe vari diritti sul ponte e le chiuse di Chiavenna.
Alcuni suoi feudatari erano signori a sud delle Alpi: nella Mesolcina i signori di Sax e di Mesocco e gli "avvocati" di Matsch /Venosta delle pievi di Bormio, Mazzo e Poschiavo, non senza aspri contrasti con il vescovo di Como signore feudale della Valtellina e di Chiavenna. Stesse difficoltà ebbero il Comune di Como, subentrato nella signoria al vescovo, e poi il Ducato di Milano nel tenere a freno le aspirazioni d'oltralpe sulle terre valtellinesi. 
I Grigioni vedevano al di là delle loro vallate, in direzione sud, un naturale sbocco alle loro aspirazioni di espansione.
La Valle di Poschiavo, che si era staccata nel 1408 dal ducato milanese per porsi sotto la protezione del vescovo di Coira, scelto come nuovo signore, costituì una specie di "testa di ponte" a sud delle Alpi, un naturale passaggio per penetrare nel cuore della valle dell'Adda.
A guardare a sud per riequilibrare il deficit di risorse con l'aumento della popolazione non furono solo i Grigioni. Anche i cantoni svizzeri di Uri, di Svitto e di Unterwalden miravano da tempo alle vallate del Ticino fino alla riva dei laghi, terre che ottennero nel precario contesto storico del ducato milanese nei primi decenni del XVI secolo. Anche Lugano, Locarno e Mendrisio divennero baliaggi di 12 cantoni della Confederazione che contava allora 13 cantoni .
I Grigioni accamparono per la presa delle valli retiche a sud delle Alpi un pretesto di ordine giuridico: la donazione fatta al vescovo di Coira della Valtellina e dei Contadi di Bormio e di Chiavenna nel 1404 da Mastino Visconti, esule nella Rezia e ospite del vescovo di Coira, perché in lotta con il cugino Gian Galeazzo Visconti.
Tale atto secondo il concorde giudizio di autorevoli storici è però ritenuto nullo: Mastino Visconti infatti non poteva donare ciò che a lui non apparteneva e di cui mai fu investito.
Molti Grigioni avevano avuto modo di conoscere direttamente le valli dell'Adda e della Mera nei viaggi verso Venezia nelle loro migrazioni temporanee in quella città e per vari interessi commerciali, specialmente per la provvigione di vino.
Come potevano restare insensibili di fronte al clima più mite, ai prodotti della terra, ai terrazzi delle vigne, del vino e delle castagne (il castagno non cresce al di là delle Alpi), afferma di recente un noto storico locale. Forte divenne quindi il desiderio di impossessarsi di quella terra.

Impadronirsi delle valli dell'Adda e della Mera significava per i Grigioni garantirsi, attraverso i passi retici e orobici, le vie di commercio con la Repubblica di Venezia (i cui confini erano lungo lo spartiacque delle Orobie) e con il Ducato di Milano, affacciato dal lago sull'ingresso delle due valli e avere il controllo dei movimenti militari. 
Nella seconda metà del '400 si intensificarono così le discese minacciose dai passi alpini, tanto che il duca Ludovico il Moro fu costretto a rafforzare la difesa delle due valli con mura e castelli a Tirano e Chiavenna. Così fece a Bellinzona, minacciata dai cantoni svizzeri.
La prima invasione avvenne nel 1486 dalla Valle di S. Giacomo (passo Spluga) e dalla Bregaglia, per puntare su Piuro e Chiavenna. I soldati grigioni giunti fino alla Riva di Mezzola, quasi sulle sponde del Lario, furono sconfitti dalle milizie ducali delle Tre Pievi (Dongo - Gravedona - Sorico) e dovettero ritirarsi.
A pochi mesi di distanza nel febbraio 1487 fu la seconda: milizie grigioni da Livigno calarono su Bormio che si arrese e, dietro la promessa del pagamento di 6.000 ducati, fu lasciata in pace, anche se diversi Bormini furono tradotti in catene in Engadina a Zernez.
Invano il duca si affrettò a offrire una indennità di 20.000 ducati. I Grigioni però pretendevano terra: il Bormiese, e la Valle di S. Giacomo. Avanzarono, paese dopo paese, lasciandosi alle spalle distruzioni, fino a Sondrio. Risparmiato fu Grosotto. Il fatto fu attribuito all'intervento miracoloso della Madonna, di cui resta quale documento il bel santuario della Madonna delle Grazie.
Accorsero come pacieri nel frattempo i confederati svizzeri (amici di Milano, da cui acquistavano le scorte di grano, e alleati delle Leghe), ma invano. Teglio, assalito, si difese strenuamente respingendo i Grigioni per due volte, finché il 15 marzo il paese fu preso, saccheggiato e dato alle fiamme. Venne ucciso lo stesso podestà del duca Ludovico il Moro.
Lo scontro fra Grigioni e truppe ducali di Caiolo portò ai capitoli di pace. I grigioni resero le terre occupate, ebbero dal duca piena esenzione dai dazi e 12.000 ducati, purché la loro ritirata fosse senza saccheggi e incendi. Il 3 aprile le comunità finalmente libere, prestarono nuovo giuramento di fedeltà al duca di Milano.

Il libero Stato delle Tre Leghe
A questo punto è necessario conoscere la realtà politica nei Grigioni del tardo Medioevo e alle soglie dell'Età Moderna.
Dopo il 1450 si formò nella Rezia un nuovo organismo politico-statale: die "Gemeine Drei Bünde - le "Tre Leghe comuni", cioè il libero Stato delle Tre Leghe. Il processo di formazione, che ebbe origine nel 1397 fu lento, ma progressivo nella emancipazione dal feudalesimo e dalla relativa sudditanza all'Impero, verso la liberazione da ogni vincolo di tipo feudale nel nome di una partecipazione diretta delle singole comunità, autonome e sovrane, riunite in lega.
Conosciamo ciò che significò nella storia lombarda unirsi in lega. Ricordiamo la "Lega Lombarda"  che riunì varie città lombarde nella lotta contro Federico Barbarossa: un consorzio di comuni a mero scopo difensivo (battaglia di Legnano del 29 maggio 1176).
Nella Rezia, la lega nacque come associazione non solo di comuni, ma anche di ministeriali vescovili e signori feudali. Tra le prime nel 1397 si formò la Churer Gotteshaus, la Lega Casa di Dio (Caddea) che unì capitolo della cattedrale di Coira, ministeriali vescovili e varie comunità del dominio vescovile.
Obiettivi furono il mantenimento della pace interna e la necessità della creazione di una legislazione comune.
Con il passar degli anni, indebolendosi sempre più il potere delle signorie feudali a vantaggio delle comunità, sorsero nel territorio retico tre leghe:
La Lega Caddea "Domus Dei"- Gotteshaus nel 1367 con Coira, Valle Domigliasca, Alta Valle del Reno, Val Sursette, Engadina e Valle di Poschiavo;
La Lega Superiore o Lega Grigia - Graubund nel 1424 con le Valli dell'Oberland (Disentis-Passo Lucomagno) Mesolcina, Val Calanca e Rheinwald :
Lega delle X Giurisdizioni - Zehngerichtenbund nel 1436 con Davos, Klosters, Churwalden.
Dapprima si formarono alleanze tra lega e lega, per reciproca assistenza nelle ultime lotte con i signori feudali (es. Vescovo e i Rhäzüns), poi per una comune politica verso l'esterno.
Nel 1460 le Tre Leghe unite si posero verso le potenze straniere come unica entità politica, uno stato vero e proprio. Fu la necessità di una politica comune verso il Ducato di Milano (relazioni commerciali), l'Austria (questioni di confini) e i Cantoni confederati (alleanza) a rafforzare il processo di integrazione e il conseguimento di una identità politica e statale tra i vari comuni sovrani delle tre leghe.
La vittoriosa battaglia dell'esercito delle Tre Leghe del 22 maggio 1499 contro le truppe imperiali a Calven (una gola nei pressi di Tubre nel Tirolo del Sud - Alto Adige) valse ai comuni delle tre Leghe la completa emancipazione dai diritti esercitati dall'Impero e il conseguimento della totale libertà. A Coira un vistoso monumento ricorda questa vittoria così importante nella storia dei Grigioni.
Capo dello stato delle Tre Leghe fu il vescovo di Coira, già signore feudale della Rezia quale principe dell'Impero. Nel 1525, con l'affermarsi in Coira della nuova confessione evangelica, il vescovo Paul Ziegler sarà esautorato e costretto alla fuga; il vescovo di Coira conserverà in seguito i suoi antichi diritti solo sulla Hof attorno alla cattedrale e in alcune località periferiche.

Gli avvenimenti tra il 1511 e il 1515
Dal 1500 Luigi XII re di Francia, in virtù di diritti ereditari, dopo aver sconfitto a Novara con l'aiuto delle truppe mercenarie svizzere Ludovico il Moro, divenne duca di Milano. 
Non avendo mantenuto gli impegni presi con i Cantoni svizzeri che gli avevano fornito i soldati, i cantoni di Uri, Unterwalden e Schwyz occuparono la Val di Blenio e Bellinzona. Uri già si era accaparrato la Levantina.
La presenza dei Francesi nel Ducato di Milano ben presto divenne una minaccia per le relazioni commerciali, indispensabili per Svizzeri e Grigioni.
Subentrò nel 1511 nel "teatro della storia" un personaggio di rilievo, il vescovo di Sion Matteo Schiner, uomo di grande abilità politica, diplomatica e oratoria e profondo conoscitore dell'animo della popolazione dei cantoni ( …con denaro si risanano presto - diceva).
Così lo storico valtellinese Giuseppe Romegialli lo descrive:
"Erudito, per quanto allora potevasi, naturalmente facondo, di austera vita, imponeva rispetto; ma ambizioso, artificioso, attivo, penetrante, implacabile turbolento demagogo. Fieramente nemico a Francesi". Era quindi l'uomo più adatto per la politica del papa Giulio II, che voleva estromettere dalla penisola i Francesi.
Il papa gli conferì nel 1511 la porpora cardinalizia e lo incaricò a presiedere la "Lega Santa" contro i Francesi. Con abilità il cardinale unì le forze del papa, di Venezia, di Spagna e dell'Impero (Massimiliano I d'Asburgo) che sconfissero Luigi XII e cacciarono i Francesi dalla Lombardia, insediando sul trono ducale Massimiliano, figlio di Ludovico il Moro.
Partecipò alla spedizione e alla decisiva battaglia di Pavia, quale cappellano tra i mercenari svizzeri, Huldreich Zwingli, il futuro riformatore svizzero, il quale dall'esperienza bellica, ricavò la ferma convinzione che il servizio mercenario era da abbandonare da parte degli Svizzeri e assolutamente da condannare.
Approfittarono del favorevole momento storico, le Tre Leghe dei Grigioni per realizzare il loro sogno e l'agognata espansione a sud delle Alpi, sull'innata loro spinta: il noto Drang nach Süden.
Con azione simultanea, il 22 giugno 1512 Corrado Planta di Zuoz con i soldati della Lega Caddea calò su Chiavenna, Corrado Beeli di Davos con i militi dellaLega delle X Diritture si diresse verso Tirano e Ercole Capual di Flims entrò in Bormio con i soldati della Lega Grigia.
 Bormio il 23 giugno si consegnò volontariamente ai Grigioni e si pose sotto la protezione del vescovo di Coira. Capitano dei soldati bormini era Gianfrancesco Alberti, fratello di Ippolita vedova di Azzo I Besta di Teglio e moglie di Andrea Guicciardi, che mise al servizio dei Grigioni i suoi soldati pro redimendo Vallem Tellinam, cioè per liberare la Valle dai Francesi.
Chiavenna i fratelli Pestalozzi aprirono le porte della città (pare che fossero già d'accordo con i Grigioni), mentre i Francesi si rinchiusero nel castello e solo dopo assedio si arresero per fame. A Tirano, dopo breve resistenza al castello di Piattamala, la guarnigione francese fu sopraffatta, resisteva il Castello di Santa Maria. Con i buoni uffici del cav. speron d'oro Luigi Quadrio i Francesi si arresero avendo salva la vita.
La domenica 27 giugno a Teglio fu giurato il patto di amicizia con i Grigioni.
Così narra il grigione Fortunato Sprecher nel 1617 quell'evento: (traduzione dal latino)
"La domenica 27 giugno a Teglio venne giurata fedeltà ai Reti e così fecero Bormio, il contado di Chiavenna e le Tre Pievi del Lario, acclamando tutto il popolo:Viva Grisoni".
F. Saverio Quadrio (1755) :
"Onde a' 27 del detto Mese (giugno) fu giurata in Teglio da gran parte degli Oratori di Valtellina ivi adunati amicizia co' Grigioni, gridandosi universalmente quasi per tutto, Viva Grigioni".
Pierangelo Lavizari (1838):
"Ai 27 di giugno giurata fu ai Grigioni la fedeltà della Valtellina per mezzo dei suoi agenti nel borgo di Teglio. Ed in tal guisa mutato governo, si acclamarono da' popoli lietamente i Grigioni, non tanto per suoi signori, quanto per suoi liberatori: sottratti in un tempo stesso dalla tirannia francese e dalle imposte ducali, esultando di venir accolti in privilegiatissima dipendenza".
Il perché di tanto giubilo è subito spiegato: i Valtellinesi durante la signoria francese avevano molto sofferto. Il comandante Malerba (già il nome era un programma!) aveva seminato con i suoi soldati  privi di scrupolo violenze d'ogni genere: stupri, sottrazioni di viveri, di vino, di biade e di fieno. Le strade erano insicure e dappertutto regnava un clima di paura nella generale miseria della popolazione.
Per contro, i Grigioni erano arrivati quasi senza colpo ferire, forieri di pace e di amicizia e si presentavano quali veri liberatori dalla tirannide. Dimenticate furono in quel contesto gioioso le distruzioni provocate dai Grigioni nella discesa del 1487, fatto che sembrò ormai lontano. Prevalsero la fiducia e la speranza di una vita migliore.
Ci si chiede ancor oggi a distanza di 500 anni se il "Patto di Teglio" sia stato un giuramento di fedeltà tra confederati, una alleanza tra popoli liberi o un atto di sudditanza ai nuovi signori con l'inizio di una nuova dominazione, come in realtà sarà.
Sicuramente furono stabiliti in quell'occasione i punti precisi del rapporto tra Valtellina e Tre Leghe.
Si vuole che essi siano stati approvati nel marzo 1513 dal Consiglio di Valle e definitivamente accolti il 13 aprile 1513 nella dieta di Ilanz (l'assemblea dei rappresentanti dei comuni delle leghe) e codificati nei Cinque Capitoli di Ilanz, il cui manoscritto originale non è stato finora ritrovato, ma del quale esistono diverse copie. Una recentemente è stata rinvenuta nell'archivio di Bormio.
Eccoli in sintesi:
1) I Valtellinesi in futuro ubbidiranno sempre al vescovo di Coira;
2) I Valtellinesi sono “cari e fedeli confederati” delle Tre Leghe; parteciperanno alle diete e saranno consultati nelle necessità;
3) I Valtellinesi continueranno a godere dei loro privilegi;
4) Vescovo di Coira e Tre Leghe si impegneranno presso il duca di Milano per l’esenzione dei dazi;
5) I Valtellinesi pagheranno ogni anno al vescovo di Coira e alle Tre Leghe 1000 fiorini d’oro del Reno, come tassa sui beni della Valle.
Su questo spinoso tema che ha appassionato per secoli fino ai nostri giorni storici di entrambe le parti - Valtellinesi e Grigioni - e sul quale non è possibile ora diffusamente soffermarsi, data la complessità, così concludeva il Romegialli nel 1834: 
"Il vescovo di Coira né le Leghe hanno giammai nei cinque capitoli proferito parola che indicasse signoria sui Valtellini, né che qualificasse questi popoli sudditi loro".
Gli fa eco nella "Storia dei Grigioni", pubblicata nel 2000 lo storico d'oltralpe Randolph Head:
"Benché avessero promesso di rispettare i diritti di libertà della Valtellina, di Chiavenna e di Bormio, i Grigioni non soddisfecero il desiderio degli abitanti di queste regioni che avrebbero voluto essere membri della loro confederazione. Al contrario li governarono come signori feudali, dovendosi in aggiunta assumere gli obblighi derivanti dalla sovranità, compreso l'esercizio della giustizia e la riscossione delle tasse".
Stefano Del Merlo - vivente al tempo dell'occupazione grigione - nella sua cronaca annotò:
"Nota ancora (che) come li Grisoni ebbero preso la Valtellina cioè l'anno 1512 volsero da noi di Valtellina 10.000 Fiorini del Reno per sua presa per non aver saccheggiata essa Valle".
Lo storico Enrico Besta (1955) riferisce:
"Ai primi di luglio del 1512 i domini capitanei Trium Ligarum imponevano un taglione di 21.000 Fiorini del Reno pel pagamento degli stipendiari del vescovo di Coira e delle Tre Leghe".
 Dopo aver riportato i fatti dell'occupazione del 1512 conclude dicendo:
"La prima cosa che i Grigioni fecero fu di spillare quattrini".
Garantirono comunque, fin verso la metà del Cinquecento, giorni tranquilli alla popolazione e un governo rispettoso delle autonomie locali.
Giovanni Tuana  (De Rebus Vallistellinae ca.1630) ricorda che "nulla fu più felice di quel periodo, nulla fu più sicuro di quell'alleanza" finchè - asserisce convinto - non irruppe furiosamente in Valle il protestantesimo".
Dal 1512 al 1515 l'occupazione fu provvisoria, quale possesso de facto, ma non de iure. Il capitano Corrado Planta ebbe infatti solo funzioni militari e i vari funzionari nei terzieri e nella castellanza tellina e nei contadi furono valtellinesi.
Francesco I, re di Francia, minaccioso, rivendicava i diritti sul Ducato di Milano e pretendeva da Svizzeri e Grigioni la restituzione dei territori sottratti al ducato. Fu guerra nuovamente. Il card. Schiner con le milizie confederate fu di nuovo in campo.
Il 13- 14 settembre un esercito svizzero di 20.000 uomini si scontò con quello altrettanto poderoso del re francese (battaglia dei Giganti) a Marignano (oggi Melegnano). Pesantissima fu la sconfitta degli Svizzeri.
Anche la situazione in Valtellina e in Valchiavenna divenne assai precaria per i Grigioni (alleati dei Confederati): il re pretendeva la restituzione delle due valli o un forte indennizzo.
Risulta da un documento del Santuario della Madonna di Tirano che l'11 ottobre 1515, neppure un mese dopo la sconfitta, il cardinale Schiner era in oppido Tirani (a Tirano) a concedere speciali indulgenze ai penitenti che si sarebbero confessati in quella chiesa nelle feste mariane. Fu una presenza dettata da devozione o da altri motivi, per predisporre con i Grigioni come affrontare le pretese del re francese? Vista l'indole dell'indomito cardinale, la domanda è più che legittima.
Nel gennaio 1516 Francesco I e i 13 cantoni della Confederazione Svizzera firmarono una pace perpetua e una alleanza.  Già l'anno prima il duca di MilanoMassimiliano Sforza aveva ceduto ogni suo diritto sulla Valtellina e contadi al vescovo di Coira e alle Tre Leghe.
Il possesso delle terre subalpine per i Grigioni dal 1516 fu dunque di pieno diritto - pleno iure - e fu poco dopo riconosciuto anche dall'Impero.
Resta un'ultima curiosità. Come mai il patto con i Grigioni avvenne a Teglio e non a Tirano o Sondrio o altrove?
Teglio, che allora costituiva la comunità più popolosa della Valtellina, luogo centrale nella valle, giuridicamente terra indipendente dai terzieri quale "castellanza" nominalmente dell'arcivescovo di Milano, fu ritenuto luogo ideale per l'incontro tra i delegati valtellinesi e i rappresentanti grigioni. Non da ultimo, giocò in favore di Teglio la presenza della facoltosa famiglia Besta, rappresentata dalla vedova di Azzo I, donna Ippolita degli Alberti, sorella - come detto - di Gianfrancesco che amico dei Grigioni, da Bormio aveva loro promesso aiuto. Si ritiene infatti che il palazzo dei Besta sia stato il luogo effettivo dell'incontro e della stipula del patto. 
Fin qui la storia di quel convulso periodo che segnò per la Valtellina e i due contadi un radicale cambiamento.



di Gianluigi Garbellini

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